Un altro deciso passo di allontanamento dal “viking” black degli esordi. Se gia’ il precedente “Mardraum” mostrava una ben visibile voglia da parte del gruppo di cambiare e battere altri lidi musicali, con questo “Monumension” pare delinearsi chiaramente la nuova veste artistica della band che anni fa dava alla luce capolavori come “Vikinglidr Veldi” o “Frost” e collaborava alla consacrazione del black metal. Elementi,quelli black, che comunque sono sempre presenti, ma coinvolti in una rete dove troviamo legati fra loro intrecci colti dalle piu’disparate influenze musicali: non sara’difficile notare come la psichedelia e la notevole presenza atmosferica contenute in questo disco finiscano per dominare e risultare elementi forti della nuova essenza degli Enslaved, band che pare voler sorprendere, ma che allo stesso tempo sembra volerlo fare compiendo un passo piu’lungo della gamba. La “gamba”, in questo caso, e’il grado di ispirazione medio di un gruppo che pare sottotono rispetto al’ultimo (discreto) “Mardraum”, dove il thrash a tratti rendeva piacevole un’opera che sarebbe stata altrimenti piuttosto insipida: togliete il thrash, e dimenticate la velocita’, perche’qui ne troverete veramente poca, e togliete anche i momenti magici che questa band pareva riuscire a regalarci puntualmente ad ogni uscita (tralasciando l’orrendo “Bloodhenn”), perche’ gli Enslaved, oggi, paiono aver realizzato un disco fatto solo per la voglia di sperimentare, di cambiare….senza pero’avere i mezzi mentali per tirare fuori qualcosa che fosse ben amalgamato e di livello. Segnalo la sperimentale “Hollow inside”, discreto pezzo settantiano dove la band, attraverso ritmi lentissimi, riesce a comunicare ottime emozioni, e l’opener “Convoys to nothingness”. Il resto e’salvabile: non un brutto disco…ma puntare ad un qualcosa di cosi’indiretto e complesso in un momento cosi’delicato puo’essere una scelta piu’che azzardata per una band come gli Enslaved.