Mi domando che senso abbia annunciare con gli Stratovarius un periodo di pausa consistente, effettuato per riacquistare brillantezza e sicurezza in quanto al songwriting dei dischi, e poi tornarsene l’anno dopo con un disco solista che non solleva di certo il livello qualitativo di quanto fatto negli ultimi anni sia dal chitarrista finnico che dalla sua band, appunto, gli Stratovarius. Questo è quanto fatto da Timo Tolkki. In effetti, non c’e’molto di particolarmente ispirato, in questo secondo disco solista del popolarissimo chitarrista scandinavo, dove le composizioni appaiono poco convincenti rispetto al primo lavoro da egli prodotto non pochi anni fa, e dove, nonostante la proposizione di un lavoro nettamente più rock oriented di quanto fatto da Timo con gli Stratovarius, nulla riesce ad elevarsi su ottimi livelli per tutta la sua durata. Sprazzi di musica illuminata compaiono soltanto per brevi tratti, vedi l’opener “Key to the universe”, episodio nettamente power oriented nel quale compare come guest musician niente di meno che il noto Michael Kiske (ex singer degli Hellowee, che prossimamente comparirà come guest anche sul lavoro di Grapow e Kusch). Il problema e’ che, dopo la traccia d’apertura, la banalità fa da padrona (ahimè) per i successivi e lunghissimi minuti dell’album. Il rock domina, il metal viene messo parzialmente da parte, e la voglia di mettersi in mostra si presenta come un’arma a doppio taglio rivolta proprio verso il seppur buon chitarrista degli Stratovarius. Nonostante tutto, le pecche non finiscono qui, in quanto momenti sin troppo commerciali e carichi di risvolte direzionate all’easy listening più puro ed inquietante fanno spesso capolino nelle undici song di “Hymn to life” (vedi “Divine” o “Are you the one?”. Sono lontani i tempi dei riuscitissimi “Episode” e “Visions”, e speriamo davvero che la pausa compositiva possa riguardare anche l’axeman degli Stratovarius, perchè dal 1999 in poi la band ha offerto veramente poco di buono (vedi l’orrendo “Intermission”). Per chi volesse sentirsi qualcosa relativo ai progetti personali di Timo, consiglio vivamente di andare a cercarsi il primo lavoro da lui prodotto, “Classical variations and themes”, uscito nel 1994.