Opeth – Blackwater park

Reputo gli Opeth una delle band piu’originali degli anni novanta. A partire da capolavori come Morning rise, la band ha saputo mescolare Death Metal ad atmosfere decadenti creando cosi’ dischi su dischi, capolavori su capolavori. Se vi aspettate un clone dei Paradise lost o una band ricca di orchestrazioni unite a Death Metal (come fanno i nostrani Dark Lunacy), dovrete ricredervi. Ed e’cosi’ che il successore dell’ottimo Still Life appare ancor piu’lento, deludendo magari chi si aspettava molte parti aggressive come in pezzi passati alla “April ethereal”, decadente ma allo stesso tempo ispiratissimo a livello di riffs. Sorprendenti i continui cambi da growl a voce pulita, che coincidono con i soventi alternamenti di parti elettriche a parti acustiche, e la complessita’dei brani (spesso molto lunghi), che rende intricato l’ascolto di un disco che di diretto ha poco o nulla. “Blackwater park” regala autentiche perle come “Bleak” o “The leper affinity”, oltre alla grandissima “Dirge for november”. Il disco e’incentrato sulla ricercatezza dei suoni e delle atmosfere, e devo dire che gli Opeth ci sono riusciti a pieno, rappresentando con ogni singolo suono i luoghi descritti nei testi (anche essi di ottima fattura). Imperdibile per chi ama la musica allo stato puro, da lasciar perdere per chi cerca album diretti e grezzi. Per me, un autentico capolavoro…