Finalmente! Finalmente, perche’ siamo finalmente a settembre, mese in cui le fatidiche uscite che aspetti da mesi ricominciano a pullulare nelle tanto ambite vetrine dei negozi. Ed in campo black il periodo non e’di certo sguarnito di novita’: dopo il discreto come out di molti mesi fa attuato da Enslaved ed Enthroned, s’e’dovuta trascorrere una lunga pausa per rivedere nuovamente all’ opera i grandi del genere. Ed ecco che, dopo il nuovo ed ennesimo capolavoro dei Darkthrone, i quali hanno nuovamente dimostrato di essere gli odierni capisaldi del metal nero tramite il freschissimo e marcio “Plaguewielder”, appaiono di nuovo ufficialmente dopo qualche anno di semi-abbandono della band (a favore dei side project interni ai membri del gruppo) gli Emperor di Samoth ed Ihsahn. Se devo ammetterlo, si tratta dell’uscita stagionale che aspettavo di meno, in quanto alla speranza che avevo nel ritrovarmi fra le mani un nuovo capolavoro targato Telemark (bassa, se siconsiderano le piu’recenti dichiarazioni dei due leader norvegesi, che avevano fatto quasi temere lo scioglimento), pero’, dinanzi ad un nome del genere, non si sa mai cosa doversi immaginare di ascoltare, quando ci si accinge ad inserire un nuovo relativo album nel lettore cd. Alzi la mano chi si aspettava un disco old style alla “In the nightside eclipse” e successivamente chi immaginava di trovarsi di fronte ad uno scarno successore sulla falsa riga stilistica “IX Exquilibrium”: ebbene si, questa volta non ha indovinato nessuno. Il disco miscela quel poco che rimane dei fasti della band norvegese, con alcune delle innovazioni che erano gia’comparse sul precedente e sovraccitato “IX Exquilibrium”, rendendo il tutto ancor piu’assurdo tramite partiture di tastiera ed intermezzi chitarristici davvero insani, talvolta coinvolgenti, ma purtroppo, nella maggioranza dei casi, si tratta di tanto fumo e niente arrosto. Notevole il bagaglio tecnico che tutti i membri della band dimostrano, ma non e’di certo questo che mi aspetto da un disco targato Emperor. Si salvano pezzi come “Thorns on my grave”, oscurissima e coinvolgente, rimane la brutalita’esecutiva di Trym, come al solito un orologio……ma purtroppo questo album non migliora di certo molto quanto detto recentemente dalla “Icon E”…….album di gran netto inferiore addirittura ai side project Zyklon e Peccatum.