Questo e’il resoconto di quanto fatto dalla band di Fenriz e Nocturno Culto (che assunse il nome “Kveldulv” per suonare su “Nemesis Divina” dei Satyricon) nel corso degli anni, il tutto espresso tramite una raccolta di recensioni di tutti gli album prodotti dalla band, esclusi l’ EP “Goatlord” (uscito nel 1997, nonostante ciò si tratta di un mini-cd contenente materiale che sarebbe dovuto appartenere al successore di “Soulside journey”, quindi prodotto all’incirca cinque anni prima) e le due demo, “A new dimension” (1988) e “Thulcandra” (1989).
Soulside journey (1991)
Basilare, questo avvio della band norvegese nel quale e’sottolineata l’identità meno conosciuta della band. Infatti, in “Soulside journey” non troviamo quanto i due norvegesi Fenriz e Nocturno esprimeranno piu’avanti, bensi’ (di dovere segnalare che allora i Darkthrone erano un quartetto) un death metal primordiale, cupo e spesso attinente a sonorita’devote a band come i Celtic frost. Sottovalutato piu’di ogni altra produzione dei Darkthrone, “Soulside journey” racchiude gemme come la splendida “Cromlech”, recentemente suonata sul tributo dagli Emperor, e “Grave with a view”. Bellissima anche la title track, che forse paga lievemente la primitiva colpa avuta da questa band, ovvero il fatto di ripetersi troppo in alcuni riffs ed in alcune tonalita’ senza allo stesso tempo esprimere atmosfere cariche di gelo e marciume, connotati di rilievo nel successivo trademark della band. Ottimo debut, comunque, da sempre sottovalutato a favore dei successivi lavori. Da segnalare la produzione, che nonostante si tratti del debut album e’ben riuscita e non presenta l’incedere di riffs caotici e suoni disturbanti ed affossati come avverrà, volutamente, piu’avanti. Tutto sommato, lavoro di ottimo livello, ma che si scontra stilisticamente con il marchio sonoro darkthroniano, impedendogli di essere riconosciuto come disco caratteristico per la band stessa. Per i fan del death metal, e per chiunque voglia sapere chi e cosa fossero i Darkthrone prima della definitiva consacrazione del black metal.
Voto: 8,5
A blaze in the northern sky (1992)
Grazie a questo secondo lavoro, il black metal, aiutato anche dai lavori di Immortal (“Diabolical fullmoon mysticism” e “Pure holocaust”), Burzum (omonimo) iniziò a muovere i primi passi verso la definizione definitiva di tali sonorita’, attingendo si dal passato (Celtic frost in primis), ma aggiungendo a miscele cosi’estreme e forti una componente atmosferica che ha poi reso celebre il genere. A dispetto del precedente “Soulside journey”, la produzione vede per la prima volta una produzione diretta su lidi sonori decisamente piu’grezzi, mostrando tutto il marciume e la malignità fortemente volute dalle due menti dei Darkthrone: il batterista Fenriz e Nocturno Culto, polistrumentista sugli strumenti a corde, a cui erano e sono tuttoggi affidate le linee vocali della band). La coppia si e’rivelata per la prima volta infallibile, grazie a perle come la lenta “In the shadows of the horns”, dotata di un finale esplosivo, “The pagan winter” e la title track. Discorso a parte per “Kathaarian life code”, che stento a classificare come “canzone” nella sua magnificenza. Importantissima la fusione fra momenti quasi thrash, che poi, nei successivi due lavori scompariranno per poi tornare solo su “Panzerfaust” (1995), e le parti monocorde e grezze, di li’in poi segno riconoscibilissimo che ha dato praticamente vita al marchio di True Norwegian Black Metal. Capolavoro immenso, forse il migliore della band…
Voto: 9,5
Under a funeral moon (1993)
“Under a funeral moon” raggiunge il picco piu’basso, se consideriamo come punto di analisi la produzione: i riffs vengono affossati, rendendo indistinguibile la massa del muro sonoro formato dalle linee chitarristiche incise da Nocturno Culto. Il drumming di Fenriz è minimale, e ricrea un’atmosfera da tempesta di neve, che ricade malignamente sull’ascoltatore. Se per molti questa scelta potrebbe manifestarsi come una ragione valida per non acquistare il disco, per altri il riffing glaciale dei Darkthrone è reso unico e caratteristico proprio dal raggiungimento di tale sonorità, grazie all’involuzione sonora cercata ed ottenuta dal duo. “Natassja in eternal sleep” è uno dei pezzi piu’belli mai prodotti dalla band, “Unholy Black Metal” rappresenta un vero e proprio anthem al genere. Il disco ruota attorno a questi due pezzi, ma il livello qualitativo dei pezzi e’mediamente alto. Ottima prova, ma il disco e’tuttavia accessibile ad un numero bassissimo di ascoltatori: quelli interamente devoti all’estremismo ed all’annichilimento di ogni possibile forma di melodia. Devastante nella sua incontrollata furia.
Voto: 8-
Transylvanian hunger (1994)
Se i cambi di tempo avevano assunto una parte importantissima nei primi due dischi, il quarto lavoro dei Darkthrone, “Transylvanian hunger”, rappresenta il disco dell’evoluzione definitiva del loro sound , o meglio il proseguimento di quanto detto con “Under a funeral moon”(o involuzione, se ne consideriamo i livelli di minimalismo e di allontanamento da ogni espressione “tecnica” voluti). Qua, infatti, troviamo otto songs (sulle ultime quattro i testi sono di Varg Vikernes, ex Mayhem) dedicate interamente alla malignità pura, sprigionanti nei loro passaggi delle vere e proprie tempeste musicali atte all’annichilimento totale dell’ascoltatore. Per molti, la consacrazione di una band, per altri, un disco troppo pesante nella sua velocità e nella sua furia distruttiva. Affossati i suoni, per un livello qualitativo della produzione che va giù a picco, mantenendosi su livelli piu’accessibili rispetto ad “Under a funeral moon” solo per la maggiore compattezza dei brani. Capolavori come la title track o le esplosive “Skald Av Satana Sol” (unico brano dove compaiono minimali sprazzi melodici) e “Slottet I Det Fjerne” rappresentano episodi fra i migliori del primo periodo della band. Bellissimo…da avere, ma per pochi.
Voto: 9
Panzerfaust (1995)
La band continua a produrre un disco ad ogni anno, e persiste nello sfornare solo capolavori o, comunque, dischi di altissimo livello. “Panzerfaust” è la prova concreta di quanto appena detto. Questo quinto dull lenght non mostra segni di cedimento nell’ispirazione e nell’espressione musicale sfoderata dal duo Fenriz/Nocturno Culto. La produzione e’lievemente migliorata rispetto ai due precedenti e minimali lavori, e traccia un piccolo cambio di rotta, orientando il sound verso un certo ripescaggio di quanto detto con “A blaze in the northern sky”: i riffs thrash tornano flebilmente a farsi spazio nel cocktail di furia sonora espressa dai Darkthrone, ed assieme a loro la memoria non manca certo di ricordare nuovamente i Celtic Frost, da sempre chiodo fisso per i due compositori norvegesi. Tuttavia, nonostante il passaggio alla Moonfog, la miscela rimane fedele alle coordinate di base dei Darkthrone, e vede il disco sfociare in capolavoro soprattutto grazie alle prime tre song: “En Vind Av Sorg”, “Triumphant gleam” e “The hordes of Nebulah”.
Voto: 9
Total death (1996)
Passa solo un anno da “Panzerfaust”, e il giocattolo pare improvvisamente segnalare i primi guasti. La produzione e’in netto miglioramento, rispetto a quanto mostrato in passato, e le linee stilistiche fanno sempre centro su soventi riferimenti al thrash, oltre a proporre chiaramente in prima fila il minimalismo black di cui la band e’stata protagonista nel corso degli anni, ma il livello di ispirazione medio del duo Fenriz / Nocturno Culto pare essersi improvvisamente inaridito, ed il disco, seppure contrassegnato da svariati ottimi passaggi, pare non contenere le continue scariche di emozioni che distinguevano in meglio i precedenti lavori della band. Non male momenti come “Earth’s last picture”, forse apice di un disco che pero’non pare appartenere alla band che fino ad allora aveva sfornato pressoche’ solo grandi simboli discografici (e non solo) del Black metal.
Voto: 5,5
Ravishing grimness (1999)
Se “Total death” aveva dato importanti ed inquietanti segnali di inaridimento da parte della mente compositiva dei due “formers” della band scandinava, con “Ravishing grimness” discordanze e preoccupazioni si sono moltiplicate in maniera gravosa. Questo disco rappresenta un’importante svolta musicale da parte della band, alle prese con ritmi spesso rallentati, parti prolisse ed oscure, nelle quali emergono sia la malignita’ perseverante attuata dai due musicisti norvegesi che la notevole perdita di potenza rispetto alle produzioni precedenti. Il disco, purtroppo, e’arido in emozioni quanto “Total death”, ma forse acquisisce proprio dall’assestamento su tempi mediamente piu’lenti e dal lieve cambio direzionale una certa qualità. Non mancano le perle, come ad esempio lo sono “The claws of time” o “The beast”, ma il resto e’purtroppo su livelli qualitativi inferiori alla media delle releases dei Darkthrone.
Voto: 6,5
Plaguewielder (2001)
Dopo la pubblicazione di un best of, denominato “Preparing for war”, e dopo le desolanti voci che vedevano i Darkthrone come probabili entranti nella strada dell’addio, la band e’uscita allo scoperto con un altro six pieces, formato da pezzi mediamente lunghi e contrassegnati da una nuova svolta stilistica, piccola ma decisiva: la band insiste infatti sul discorso iniziato anni prima, ovvero proponendo un Black metal minimale ma ragionato, e qui arricchito dall’inserimento (singolare ma azzeccato nella sua apparente improbabilità) di numerosi riffs di chiaro stampo hard rock. Il risultato, alla vigilia del disco, era l’esplosione di numerose critiche da parte della band, ma l’enorme qualità dei pezzi di questo “Plaguewielder” ha riportato i Darkthrone su altissimi livelli (nonostante la scelta stilistica attuata dai due musicisti della band non sia stata condivisa da molti…), grazie ad enormi capolavori del black metal quali l’opener “Weakling avenger”, dove le screaming vocals malate di Nocturno Culto, introdotte da un’intro terrificante,spadroneggiano su un perfetto tappeto musicale, o la conclusiva “Wreak”, il cui riff centrale riporta con la memoria ai fasti di “Transylvanian hunger”. La leggenda dei Darkthrone va avanti, ed il Black metal puo’tirare un sospiro di sollievo, nel mezzo al mare di critiche in cui viene recentemente gettato.
Voto: 8,5